Polemica Burioni test di Medicina 2025

La polemica di Burioni sul “flop” degli studenti al test di Medicina: tra reazioni e realtà di un sistema in evoluzione

Le parole del noto virologo dividono: tra giudizi severi, difficoltà oggettive degli studenti e un semestre filtro ancora lontano dall’equilibrio.

di Lucia Resta
12 dicembre 2025
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Negli ultimi giorni le dichiarazioni del virologo e docente universitario Roberto Burioni hanno acceso un nuovo dibattito sull’esame di ammissione a Medicina, introdotto con il recente “semestre filtro”. In un post molto ripreso dai media, Burioni ha parlato di un “livello di ignoranza spaventoso” tra i candidati, contestando le proteste di studenti e famiglie e ricordando la distanza, spesso sottovalutata, tra il percorso scolastico e le prove selettive universitarie. Il suo intervento ha toccato un nervo scoperto: l’accesso a Medicina è da anni uno dei temi più discussi nel panorama formativo italiano e ogni cambiamento, soprattutto se percepito come più rigido o impegnativo, produce reazioni immediate.

Le sue parole, però, non sono arrivate in un vuoto. Si collocano in un contesto di incertezza e sperimentazione, in cui studenti e atenei stanno ancora prendendo le misure con il nuovo modello. È anche questo che ha contribuito a rendere la polemica così visibile: da un lato un docente che denuncia carenze strutturali, dall’altro migliaia di studenti che stanno vivendo una fase di transizione delicata e che faticano a riconoscersi nella narrazione dell’“ignoranza”.

Il contesto: un sistema nuovo e complesso

Le parole di Burioni arrivano mentre il nuovo sistema del semestre filtro sta mostrando risultati molto diversi rispetto al passato. Le tre prove previste – chimica, fisica e biologia – si sono rivelate più impegnative di quanto molti candidati immaginassero, con percentuali di idoneità sensibilmente inferiori a quelle degli anni precedenti. L’introduzione del semestre filtro, infatti, non è un semplice cambio di regole: richiede un adattamento rapido a ritmi e modalità didattiche tipiche dell’università, e questo non tutti riescono a gestirlo con continuità nei primi mesi.

Inoltre, il semestre filtro ha modificato il baricentro della preparazione: non si tratta più di memorizzare nozioni in vista di un test unico, ma di affrontare verifiche pensate per misurare il ragionamento scientifico e la capacità di applicare concetti. Una trasformazione che, sulla carta, punta a selezionare gli studenti più motivati e preparati, ma che nella pratica sta mettendo in luce il divario tra obiettivi e condizioni reali, soprattutto per chi proviene da percorsi liceali molto diversi tra loro.

Critica che divide

La posizione di Burioni ha diviso nettamente l’opinione pubblica. Da un lato c’è chi sostiene che un percorso formativo come Medicina debba necessariamente prevedere standard elevati e che affrontare esami difficili sia parte integrante del processo. Dall’altro, molti osservano che il giudizio espresso è stato troppo drastico, quasi liquidatorio, e ha mancato di considerare le circostanze concrete in cui gli studenti stanno operando. La critica principale non riguarda tanto l’idea di rigore, quanto la scelta di rivolgere interventi generalizzanti a una platea di giovani ancora in fase di ambientamento.

Parallelamente, questa polarizzazione rende più difficile avviare un confronto costruttivo sul sistema stesso. La discussione tende infatti a trasformarsi in uno scontro tra “docenti severi” e “studenti fragili”, quando invece il nodo è strutturale: come garantire una selezione efficace e allo stesso tempo sostenibile? Il rischio è che il dibattito si cristallizzi su toni emotivi, impedendo di affrontare la questione in modo pragmatico.

Il fattore tempo: un dettaglio non secondario

Un aspetto poco considerato nel clamore della polemica è quello del tempo. Gli studenti hanno avuto appena un paio di mesi per inserirsi nell’ambiente universitario, comprendere nuovi metodi di studio, seguire lezioni con ritmi molto più serrati rispetto al liceo e, contemporaneamente, prepararsi a tre esami scientifici complessi. È irrealistico pensare che tutta questa transizione possa avvenire senza fisiologiche difficoltà. Non si tratta di giustificare gli errori, ma di contestualizzare il percorso: il semestre filtro è un meccanismo che, per funzionare, richiede un periodo di adattamento che non può essere ignorato.

Inoltre, molti studenti hanno segnalato difficoltà organizzative e una certa confusione nella gestione delle prove, tipica di un sistema ancora in rodaggio. Questo ha contribuito ad aumentare l’ansia e a ridurre la possibilità di una preparazione serena. Quando si analizzano i risultati, dunque, è importante non considerare solo la performance conclusiva, ma anche le condizioni in cui essa è maturata. In questo senso, la critica di Burioni rischia di sovrastimare ciò che si può realisticamente pretendere in così poco tempo.

La preparazione scientifica: tra aspettative e realtà

Il divario tra ciò che gli studenti portano dal liceo e ciò che viene richiesto da un test selettivo universitario è spesso più ampio di quanto si ammetta. Molti ragazzi arrivano all’università con basi teoriche dignitose, ma non consolidate al punto da affrontare quesiti che richiedono applicazione, astrazione e rapidità mentale. In particolare fisica e chimica, pur presenti nei programmi scolastici, sono materie che raramente vengono approfondite fino al livello di complessità necessario a superare prove universitarie così dense.

Il rischio, in questo contesto, è di confondere una difficoltà oggettiva con una mancanza di preparazione totale. Parlare di “ignoranza spaventosa” non aiuta a cogliere le sfumature. Gli studenti non sono impreparati in senso assoluto: si trovano semplicemente di fronte a una richiesta di competenze che richiede tempo per essere sviluppata. È un passaggio naturale, non un fallimento strutturale delle nuove generazioni. E attribuire l’intera responsabilità a chi è appena uscito da un ciclo scolastico rischia di oscurare la complessità dell’intero sistema formativo.

La posta in gioco: selezione o accompagnamento?

Chi sostiene la posizione di Burioni ricorda che Medicina è un percorso di altissima responsabilità e che è fondamentale garantire un livello di preparazione adeguato già in ingresso. Ma questo principio, condivisibile, apre un interrogativo cruciale: la selezione deve essere uno strumento di filtro o un percorso di accompagnamento? Il semestre filtro è nato con l’idea di unire le due cose, ma la sua applicazione reale sta evidenziando un equilibrio ancora fragile.

Non è in discussione la necessità di valutare la preparazione; piuttosto, occorre chiedersi in che modo questa valutazione possa essere davvero equa. Una selezione efficace non dovrebbe premiare solo chi arriva già perfettamente preparato, ma anche chi ha il potenziale e la motivazione per crescere lungo il percorso. Se il meccanismo diventa invece una gara di resistenza concentrata in poche settimane, rischia di penalizzare gli studenti più meritevoli, ma meno abituati a ritmi così immediati.

Un’occasione per mettere in discussione il sistema, non i singoli studenti

La polemica degli ultimi giorni mostra chiaramente che la questione non riguarda i singoli studenti, ma il modo in cui il sistema nel suo complesso prepara e sostiene chi desidera intraprendere una carriera medica. È facile concentrarsi sugli esiti delle prove, molto meno semplice è interrogarsi sulla qualità dell’orientamento, sulla coerenza dei programmi scolastici e sulla capacità delle università di supportare un ingresso graduale. In questo senso, la vicenda non dovrebbe diventare una contrapposizione, ma un’occasione per riflettere sulle reali condizioni dell’istruzione scientifica in Italia.

La domanda di fondo è: stiamo misurando la preparazione o stiamo misurando la capacità di reagire a un cambio di ritmo improvviso? Se si confondono questi due piani, si rischia di produrre un sistema che seleziona non i più competenti, ma i più allenati a gestire la pressione. È un rischio che molti esperti del settore stanno sottolineando e che richiede un confronto aperto tra scuole, università e istituzioni.

Oltre la polemica, verso una riflessione più utile

Alla fine, la discussione nata dalle parole di Burioni non può essere ridotta a una semplificazione tra “studenti impreparati” e “professori severi”. La reale complessità della questione riguarda il modo in cui costruiamo percorsi di accesso efficaci, trasparenti e realmente preparatori. Il semestre filtro è un esperimento importante, ma come tutti gli esperimenti necessita di aggiustamenti, tempo e un ascolto attento delle parti coinvolte.

Superare la polemica significa riconoscere che gli studenti non vanno né accusati né infantilizzati. Vanno accompagnati in un percorso che deve essere rigoroso, ma anche equilibrato. Se il dibattito riuscirà a spostarsi dalle dichiarazioni impulsive alla progettazione di un modello più solido, la discussione avrà prodotto un progresso reale. Ed è questo, più delle frasi shock o delle reazioni immediate, ciò che serve alla formazione dei medici di domani.

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